L’estate appena trascorsa ha tracciato uno scenario estremamente dinamico per il dibattito sui temi dell’intelligenza artificiale, che AIRIA segue e osserva con attenzione.
Tre i vari momenti chiave di questa ultima stagione dal punto di vista della regolazione e del dibattito: la pubblicazione dell’AI Act dell’Unione Europea; la presentazione del Report di Mario Draghi sulla competitività dell'UE; la lettera aperta sul Sole24ore pochi giorni fa da parte di un gruppo di aziende, ricercatori e istituzioni comunitarie che stigmatizza il rischio di una perdita di opportunità da parte dell'Europa sul terreno dello sviluppo tecnologico con particolare riferimento all'AI.
L’AI Act: il ruolo chiave delle linee guida interpretative
“Non ci deve sorprendere se al centro del dibattito sul futuro dell'IA emerge proprio il tema della regolazione e della sua portata strategica per la competitività dei mercati. La regolazione di un settore così sensibile serve a tracciare la strada maestra dello sviluppo della tecnologia e a presidiare i diritti dei cittadini, ma le regole non dovrebbero impedire o frenare l’innovazione in un settore che ha inevitabilmente e prepotentemente un mercato globale. Le regole devono essere pensate per stimolare la creatività, il progresso e quindi anche la competitività”, commenta Carmelo Fontana, Presidente di AIRIA.
In questo contesto le attività di coordinamento tra i regolatori internazionali potrebbero assumere un ruolo cruciale, proprio al fine di bilanciare l'esigenza di proteggere i consumatori e pubblico da una parte e lo sviluppo delle imprese e dall'altra. Proprio a questo proposito, aggiunge Giorgio Rizzello, Head of Government Affairs Europe presso Sonova, “il processo normativo delle istituzioni europee negli ultimi anni si è spostato verso l’adozione di regolamenti rispetto a direttive. Questo porta ad indubbio vantaggio dal punto di vista della certezza del quadro normativo, che risulta centralizzato, ma allo stesso tempo fa emergere l’esigenza critica di ricevere in tempi rapidi e certi tutti gli strumenti interpretativi per l’applicazione pratica”.
L'interpretazione di alcuni aspetti particolarmente complessi dell'AI Act è infatti affidata a linee guida. Sebbene non vincolanti, queste linee guida ( tradotte nella versione italiana dell'AI Act come "orientamenti"), influenzano significativamente gli operatori del settore.
Uno di questi orientamenti riguarda la determinazione dei sistemi di IA ad alto rischio. L'art. 6(5) stabilisce che: "Dopo aver consultato il consiglio europeo per l'intelligenza artificiale («consiglio per l'IA»), ed entro il 2 febbraio 2026, la Commissione fornisce orientamenti che specificano l'attuazione pratica del presente articolo in linea con l'articolo 96, insieme a un elenco esaustivo di esempi pratici di casi d'uso di sistemi di IA ad alto rischio e non ad alto rischio." La versione inglese dell'AI Act ("the Commission shall (...) provide guidelines") esprime con maggiore precisione il concetto.
“Chiarire se un sistema di IA sia ad alto rischio è cruciale, poiché gli obblighi previsti per i fornitori di tali sistemi (Sezione 3 dell'AI Act) sono particolarmente stringenti. Pertanto, l'adozione di linee guida che includano un elenco esaustivo di esempi pratici sarà sicuramente utile.
Tuttavia, il fatto che “questi orientamenti possano essere adottati entro il 2 febbraio 2026, ovvero appena sei mesi prima dell'applicabilità dell'AI Act, renderebbe di fatto quasi impossibile per gli operatori del settore conformarsi in tempo. Questo problema è particolarmente rilevante nel settore dei dispositivi medici, già soggetto alla regolamentazione più rigorosa al mondo, il Medical Device Regulation (MDR). Se un sistema di IA utilizzato in un dispositivo medico fosse classificato come ad alto rischio, il processo regolatorio per la sua commercializzazione, che richiederebbe il coinvolgimento di un Organismo Notificato e la valutazione della conformità integrata tra l'MDR e l'AI Act, non potrebbe essere completato in soli sei mesi. È quindi auspicabile che gli orientamenti della Commissione siano adottati rapidamente, coinvolgendo gli operatori del settore, per garantirne l'applicabilità ed evitare di rallentare l'innovazione in Europa”, conclude Rizzello.
Report di Draghi sulla Competitività in Europa, “Regulatory Barriers” nel settore tech in evidenza
Presentato recentemente, il Report di Mario Draghi sulla competitività dell'UE esorta le istituzioni comunitarie ad ingenti investimenti aggiuntivi, soprattutto in campo tecnologico ma anche nelle politiche comunitarie sul clima, inclusione sociale, riduzione delle vulnerabilità, strategie finanziarie, nella misura di almeno 750-800 miliardi di euro annui (pari al 4,4-4,7% del Pil dell'Ue nel 2023) al fine di affrontare le sfide con Stati Uniti e Cina.
Nello stesso report, si parla esplicitamente di “Regulatory barriers” particolarmente onerose nel settore tech e per le nuove imprese. Si legge in particolare: “L'UE ha attualmente circa 100 leggi incentrate sulla tecnologia e oltre 270 regolatori attivi nelle reti digitali in tutti gli Stati membri. Molte leggi dell'UE adottano un approccio precauzionale, dettando pratiche commerciali specifiche ex ante per evitare potenziali rischi ex post. Ad esempio, l'AI Act impone requisiti normativi aggiuntivi ai modelli di AI a scopo generale che superano una soglia predefinita di potenza computazionale - una soglia che alcuni modelli all'avanguardia già superano”.
“Dal punto di vista di competitività strategica, nel report sono messi in evidenza aspetti che molti degli “addetti ai lavori” dicono (stressano) da tempo, come la necessità di evitare l’eccessiva stratificazione delle normative a livello di Unione Europea e la frammentazione dell’implementazione a livello locale di ciascuno Stato membro, ”, commenta Gabriele Scafati, Data Protection Manager di Sky, “La critica di Draghi è costruttiva: da una parte, sembra invitare, a livello locale (di singoli Stati), a non legiferare troppo e in modo incoerente rispetto alle regole UE; dall’altra, sembrerebbe proporre di agire - a livello centrale - con una sorta di Testo Unico, un lavoro di raccordo tra le tante e complesse normative che impattano la tech economy, che possono minare il fine ultimo della regolamentazione UE, ossia o creare un grande unico mercato”.
Il dibattito continua: gli operatori chiedono chiarezza
La lettera aperta pochi giorni fa sul Sole24ore da parte di un gruppo di aziende, ricercatori e istituzioni comunitarie mette in evidenza il rischio di una perdita di opportunità da parte dell'Europa sul terreno dello sviluppo tecnologico con particolare riferimento all'AI.
“Il grido di allarme di Draghi e la lettera aperta di ieri sono drammaticamente concordi nell'auspicare che l'Europa sia in grado di darsi regole armoniche che servano ad incentivare lo sviluppo tecnologico pur nella sostenibilità e nella tutela dei valori fondanti dell'Unione”, conclude Massimiliano Masnada, Socio Fondatore di AIRIA.
“L'AI Act rinvia ad una serie di norme attuative rilevantissime le quali rappresenteranno le scelte di politica industriale dell'Europa per il prossimo futuro. L'esigenza è quella di evitare di avere un complesso normativo incoerente e contraddittorio che tenga l'Europa al palo. Occorre ridurre al minimo le interpretazioni distorsive e demonizzanti da parte di autorità di vigilanza che non siano adeguate. Vanno risolti i possibili conflitti tra norme per una lettura coerente del quadro normativo e regolatorio che deve guidare lo sviluppo "sostenibile" dell'AI. L'Europa e, con essa, le imprese comunitarie, i ricercatori, gli sviluppatori, le istituzioni devono giocare da protagonisti, nell'ottica di uno sviluppo che tenga in considerazione e protegga i valori fondamentali su cui è costruita l'Unione Europea”.
Per fare questo - concludiamo a nome di AIRIA - serve il contributo di tutti. Lettere come quella di ieri e altre iniziative come quelle che si prefigge di intraprendere e favorire AIRIA risultano sempre più necessarie, utili e opportune.
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